21 dicembre 2015
Spagna: nonostante la sconfitta esulta la destra PP sperando di
corrompere Podemos e Ciudadanos
La lettura delle prime
pagine dei maggiori quotidiani nazionali di stamattina, dopo le elezioni
spagnole é un coro unanime. Tutti a sottolineare che adesso occorre ineluttabilmente
una alleanza tra PP e PSOE se non addirittura allargata a Ciudadanos.
Tutti –Corriere,
Repubblica. IlFatto, LaStampa- a sottolineare che “finalmente” pure gli
Spagnoli sono finiti nella palude del consociativismo destra-sinistra-centro.
Cazzullo sul Corriere
lo scrive senza timori: L’unica maggioranza chiara
sarebbe una grande coalizione tra i popolari e i socialisti; che però non fa
parte della cultura politica del Paese. “Avremo un Parlamento all’italiana ma
senza italiani” aveva previsto l’ex premier Felipe Gonzalez. Sbaglia però chi
ritiene che la Spagna possa permettersi una lunga stagione di instabilità.
L’Europa tenterà in ogni modo di evitarlo. E l’Europa, piaccia o no, ormai
esiste. La Spagna di Rajoy era quasi un Paese satellite della Germania: il
bastione a Ovest del sistema tedesco; quello a Est era la Polonia, che ora la
Merkel ha perduto. Il grosso del debito pubblico spagnolo è in mano ai
tedeschi, che non a caso hanno fatto arrivare 40 miliardi di euro per salvare
le banche (non i titolari dei mutui però: 150 mila famiglie hanno perso la
casa). Ora Berlino rischia di perdere un altro alleato; e Bruxelles non vede
certo di buon occhio la prospettiva che la quarta economia dell’eurozona resti
senza governo. Le pressioni su Rivera, su Rajoy e anche sui socialisti – non
solo su Sanchez ma sugli ex leader Gonzalez, Zapatero, Rubalcaba - saranno
fortissime, anche per evitare l’ascesa di Podemos. Di sicuro alla Merkel non
spiacerebbe esportare a Madrid la formula della grande coalizione.
E nella
foga confessa quel che sapevamo tutti ma che ci veniva imposto (almeno ci hanno
sperato…) di dimenticare: che la Merkel Germania fosse stata piuttosto Caino
con la Spagna, la Polonia e perché no – l’ha dimenticato- con la Grecia.
Nel bailamme dell’ ”ho
vinto io, hai perso tu” si dimenticano i fondamentali. Di 34,98 milioni di elettori
hanno votato 25,3 milioni e si sono astenuti 9,26 milioni. Suddivisi in 52
collegi per eleggere 350 deputati col c.d. Metodo D’Hondt (si applica anche in
Italia negli enti locali). In apparenza la presenza di pochi candidati per
ciascuna lista in collegi di 100mila elettori ne farebbe una buona legge elettorale. In
realtà é solo formalmente proporzionale con liste
bloccate e sbarramento al 5 per cento, ma i cui esiti sono stati (quasi sempre)
maggioritari dato che la dimensione ridotta dei collegi innalza nella pratica
lo sbarramento a quote molto più elevate.
E’ una legge elettorale (volutamente) sballata perché a detta degli spagnoli:
- nelle zone rurali si prendono seggi anche con meno della
metà dei voti necessari per prenderli in zone urbane e questo modifica
profondamente l’orientamento della Camera rispetto alla realtà sociali.
- per contrastare Podemos i poteri economici, le banche e la
grande industria hanno creato Ciudadanos, un partito marketing per
rappresentare “a destra” l’aspirazione al “nuovo”.
- il 90% della corruzione in Spagna, un problema strutturale
grandissimo, inizia e finisce o finisce e inizia, nei partiti. Le loro forme di
finanziamento sono completamente oscure e questo é uno dei principali motivi
del crollo del PP e del PSOE.
Su tutto questo incombe poi la crisi economica che perdura nonostante
che le apparenti % di crescita facciano intendere altrimenti : una crescita
anche elevata non basta quando una nazione é regredita tantissimo.
Come rilevato da Cazzullo sul Corriere La Spagna di Rajoy era
quasi un Paese satellite della Germania: il bastione a Ovest del sistema
tedesco; quello a Est era la Polonia, che ora la Merkel ha perduto. Il grosso
del debito pubblico spagnolo è in mano ai tedeschi, che non a caso hanno fatto
arrivare 40 miliardi di euro per salvare le banche (non i titolari dei mutui
però: 150 mila famiglie hanno perso la casa). Ora Berlino rischia di perdere un
altro alleato; e Bruxelles non vede certo di buon occhio la prospettiva che la
quarta economia dell’eurozona resti senza governo. Le pressioni su Rivera, su
Rajoy e anche sui socialisti – non solo su Sanchez ma sugli ex leader Gonzalez,
Zapatero, Rubalcaba - saranno fortissime, anche per evitare l’ascesa di
Podemos. Di sicuro alla Merkel non spiacerebbe esportare a Madrid la formula
della grande coalizione.
Quindi queste elezioni consegnano all’Europa un paese (il quarto
come popolazione ed economia) claudicante sotto molti aspetti e la prospettiva
di qualche mese di crisi e poi di nuove elezioni é quasi assicurata. Il tutto
accompagnato dalle ombre che investono il suo Caino tedesco.
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