45 - Unioni civili (3)

Bagnasco tenta 
di deviare 
il discorso.


Unioni civili, card.Bagnasco: "Family day necessario, altri veri problemi" La manifestazione prevista il 30 gennaio: "La famiglia è il fondamento di tutta la società. Parlamento dovrebbe pensare ai veri problemi: lavoro, welfare, sicurezza sociale» Unioni civili, le due anime Pd a confronto GENOVA - Una manifestazione "condivisibile" e dalle finalità "assolutamente necessarie". Così il cardinale Angelo Bagnasco ha definito a sostegno della famiglia prevista a Roma il prossimo 30 gennaio per chiedere il ritiro del ddl Cirinnà. A margine della messa per la giornata dei migranti e dei rifugiati, il cardinale Bagnasco, riferendosi al tema del decreto sulle unioni civili e alla stepchild adoption, ha rcordato che la manifestazione "è una iniziativa dei laici, con la loro responsabilità, come il Concilio Vaticano II ricorda", e che l'obiettivo "è decisamente buono perché la famiglia è il fondamento di tutta la società". "La famiglia non può essere uguagliata da nessun'altra istituzione o situazione", ha aggiunto il cardinal Bagnasco. Per il cardinale "la difesa della famiglia, la promozione della famiglia e l'invocazione di sostegni reali, che fino ad adesso sembra che non ci siano, dovrebbe essere voce unitaria di tutto il Paese, di tutte le famiglie italiane, anche in modo diversificati, ma l'obiettivo è assolutamente necessario perché le politiche familiari sono piccolissime". Per il presidente della Cei, rispetto al ddl Cirinnà, "ci sono diverse considerazioni da fare ma la più importante è che mi sembra una grande distrazione da parte del Parlamento rispetto ai veri problemi dell'Italia: creare posti di lavoro, dare sicurezza sociale, ristabilire il welfare". "Noi vediamo nelle nostre parrocchie una grandissima coda di disoccupati, inoccupati, di gente disperata che non sa come portare avanti giorno per giorno la propria famiglia", ha aggiunto Bagnasco. "Di fronte a questa situazione - ha proseguito il cardinale - tanto accanimento su determinati punti che impegnano il governo e lo mettono in continua fibrillazione mi pare che sia una distrazione grave e irresponsabile".
Se il Parlamentare non vuole far sapere all'elettore.


Unioni civili, la 'gogna' di Gay.it all'estero si chiama 'democrazia' 16 gennaio 2016 - Peter Gomez, Direttore de ilfattoquotidiano.it e scrittore C'è qualcosa di francamente disgustoso nelle accuse di squadrismo lanciate contro il sito Gay.it. Mettere online i nomi e i volti di un gruppo di parlamentari pd invitando, chi lo ritiene, a inviare loro una email per chiedere di cambiare opinione sullestepchild adoption non è fascismo, ma democrazia. Da sempre, nei paesi in cui i cittadini contano ancora qualcosa, gli elettori si rivolgono direttamente ai loro rappresentanti per spingerli a prendere delle decisioni in un senso o nell'altro. Nascono così le grandi campagne per i diritti civili, per la preservazione dell'ambiente, per la giustizia e l'eguaglianza. Si raccolgono firme, si manifesta, si scrive ai singoli deputati e senatori. Tutto avviene, esattamente come è accaduto in questo caso, alla luce del sole. E l'unico rischio che un politico (non italiano) sente di correre è quello di perdere voti e di non essere rieletto. Da noi però i parlamentari vengono nominati dalle segreterie dei partiti e lo saranno, almeno nel 65 per cento dei casi, anche quando entrerà in vigorela nuova legge elettorale. Gli elettori per i nostri sedicenti rappresentanti dei cittadini sono un optional, o meglio un fastidio. Anche perché al confronto con loro chi fa politica non è più abituato. Così l'elenco degli indirizzi email dei contrari alla stepchild adoption che, con la propria scelta, mettono in forse la legge sulle unioni civili diventa “una lista di proscrizione” per il senatore Giorgio Tonini, anzi “un atto irresponsabile che richiama alla mente lontani fantasmi”. Mentre per il suo collega Andrea Marcucci pubblicare in Rete foto, nomi e caselle di Intendiamoci, esistono molti italiani che la pensano in maniera diametralmente opposta rispetto agli attivisti di Gay.it. E hanno tutto il diritto di farlo. Anche loro possono, se vogliono, scrivere ai singoli parlamentari, pubblicare in Internet gli elenchi di chi si appresta a votare in favore delle nuove norme o manifestare contro la legge, come era accaduto in occasione del Family Day di berlusconiana memoria. E se lo facessero ora, secondo noi, nessuno dovrebbe parlare di “gogna” come ha per esempio fatto ieri, riferendosi a Gay.it un sorprendente Sebastiano Messina suRepubblica. A meno che il progetto futuro non sia quello di secretare direttamente i lavori del Parlamento. Di ufficializzare il potere della Casta passando finalmente e senza più ipocriti infingimenti dalla democrazia all'oligarchia. Non per niente, mentre si protesta per gli inviti a scrivere ai singoli parlamentari, tutto, o quasi, tace sul fronte della legge che dovrebbe finalmente regolamentare l'attività delle lobby. Come è noto, nell'opacità più assoluta, le Camere si trasformano sempre in un Suq quando vengono discussi provvedimenti riguardanti grandi gruppi finanziari o industriali. Con lobbisti non iscritti a nessun registro che in maniera totalmente anonima, e fuori da ogni controllo, contattano deputati e senatori e passano loro gli emendamenti richiesti da gruppi del tabacco, assicurativi, farmaceutici e del gioco d'azzardo, da produttori di armi o società petrolifere. In ottobre anche l'Antitrust ha denunciato il ritardo nell'approvazione di una regolamentazione utile per prevenire corruzione e conflitti di interesse. Ma da allora non si è mosso nulla. Perché al manovratore la trasparenza non piace. E quando c'è grida allo “squadrismo” e alla “gogna arcobaleno”. Il Fatto Quotidiano, 16 gennaio 2016

Nessun commento:

Posta un commento