20 -Le proposte antinquinamento dei sindaci









29 dicembre 2015
L'articolo é composta da due parti. La prima  di osservazioni sulle proposte avanzate dai sindaci nell'incontro di ieri a Milano e la seconda é una tabella in cui sono esposte  la nostra proposta e quella dei sindaci per una lettura agevolata di confronto.

Inquinamento: le dieci proposte dei sindaci fanno venire il latte alle ginocchia tra incompetenza, poco coraggio e pochissima scienza

La lettura delle dieci proposte dei sindaci circa il problema inquinamento che ha visto l’ennesima sceneggiata da cani sciolti dei sindaci -ciascuno si fa i fatti propri (i cani sciolti appunto) e dio gliela mandi buona: ovvero siano rieletti…- fa venire il latte alle ginocchia. Sostanzialmente le dieci proposte si riducono –oh bella!- a due: fuori i soldi e che ci sia qualcun altro che si prenda eventuali responsabilità di cambiare le abitudini  ai cittadini. Altrimenti – appunto!- noi perdiamo le prossime elezioni.

Confrontate queste dieci proposte con le nostre (sono solo otto …) e troverete due diversi modi di intendere e affrontare il problema.
Per esempio nella proposta dei sindaci non esiste l’idea necessaria che sia creato una struttura scientifica (università industrie, consumatori)  che studi come funziona quel maledetto motore inquinante che è l’intera pianura padana dal Piemonte  via Lombardia all’Emilia Romagna al Veneto fino al Friuli. Insomma la geografia e la meteorologia ed anche i difetti del motore vanno prima di tutto compresi valutati misurati per capire dove c’é una febbriciattola e dove c’é un cancro, dove la meteorologia consente qualche soluzione meno costosa rispetto a dove occorrono interventi radicali su tutto il sistema.

Per esempio non esiste l’idea che ciascuna comunità (non certo da soli i comuni di 250 abitanti…) diventi il più possibile autonoma nella produzione elettrica almeno per quanto riguarda i consumi dei privati e del pubblico, ivi compresi i trasporti ( tranvie, metropolitane ). Creando società a capitale misto pubblico privato (visto che gran parte dei cittadini sono pieni zeppi di risparmio inutilizzato).
Idem per quanto riguarda gli interventi per la riduzione dei consumi energetici legati al riscaldamento degli edifici pubblici e privati , che dovrebbe essere eseguito obbligatoriamente (pena la perdita del requisito di abitabilità) entro un arco di 5-10 fino alla Classe B.

Per esempio nei dieci punti dei comuni manca l’idea che modificando gli orari di apertura-chiusura dei grandi concentramenti umani (uffici, scuole, ospedali, industrie, ecc…) ampliandoli obbligatoriamente  su un arco di due ore si riduce del 30-50% il tempo di percorrenza dei mezzi e quindi anche l’inquinamento potenziale dato dagli stessi.
Idem per la messa a disposizione di collegamenti  internet ad alta velocità che consentirebbe una riduzione della mobilità dei lavoratori.

I trasporti pubblici dentro le grandi aree dovrebbero  passare all’elettrico e al metano entro un numero di anni definito (cinque). Ma si dovrebbe cambiare anche la rete dei percorsi per fermare in una maglia di parcheggi esterni o fermate (di treni, tranvie, metropolitane) i mezzi privati. Oggi sostanzialmente i percorsi pubblici o privati sono scambiabili invece occorre creare le condizioni (anche con un biglietto unico giornaliero valido su tutte le linee) perché ci siano meno linee, un numero maggiore di mezzi, dei percorsi possibilmente protetti per cui risulti sconveniente l’uso del veicolo privato. Poi occorre alzare senza pena il costo dei parcheggi su suolo pubblico: perlomeno raddoppiarli.

Manca infine nelle proposte dei comuni l’idea di risolvere obbligatoriamente attraverso risorse date dai cittadini secondo certi indirizzi quei problemi di traffico che aumentano assurdamente i tempi di percorrenza. In tutti i comuni si privilegiano banalità come le piste ciclabili (assurdamente quasi sempre affiancate agli stradoni per gassare finalmente quegli “stronzi” di ciclisti…) mentre si dimenticano  le soluzioni viabilistiche. Insomma, meno autostrade e superstrade più sottopassi e svincoli sulla rete esistente in modo che ci siano meno imbuti, meno semafori, meno attraversamenti pedonali a raso.

Ci pare che con le nostre proposte si ribalti sostanzialmente il rapporto del cittadino con la propria città e del cittadino col proprio governo.
Vale a dire che il cittadino non é più un ospite più o meno tollerato ma diventa un attore a pieno diritto non solo perché vota ma perché é “utente” e quindi gode di doveri ma anche di diritti che non possono più stare in mano “solo” ai comuni ma debbono stare in mano anche a lui attraverso una pluralità di soggetti (p.e. le associazioni di consumatori).
Ma il cittadino deve diventare anche in un certo qual modo partecipante economico coi propri risparmi negli investimenti del suo comune (non della società del comune di 250 abitanti…). Perché i cittadini non possono diventare azionisti della società elettrica che costruisce i girasoli solari e le batterie di accumulo per l’autosufficienza energetica della propria comunità ricevendone in compenso un bonus sui consumi elettrici personali ? Perché i cittadini non possono diventare azionisti della società di trasporti pubblici della propria città ricevendone in compenso un bonus trasporto per la sua famiglia?
Se ci riflettete bene, questo accade già anche oggi perché già oggi attraverso importanti società pubbliche –A2A, Iren, ATM, ecc- il cittadino é azionista indiretto delle società che danno questi servizi. Solo che adesso non ha diritto di parola (solo di protesta) perché ha consegnato tutto alla politica.
Non si tratta perciò di creare nuove società pubbliche gestite dalla politica, ma public company dove i privati creano e danno il servizio e il pubblico é garante della qualità e democrazia nella fornitura dello stesso.


Quindi, passata la buriana del primo giorno ed immagazzinate le foto delle strade vuote o semivuote (a Roma deve essere fisiologicamente impossibile immaginarle, però…) si da il caso che i sindaci siano meno imbranati e più capaci.

La tabella comparativa


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